Percorso Critico

“Lodo nel giovanissimo scultore peruviano l’ardimento di partire dalla punta estrema che il gusto ha raggiunto nella scultura."
Lionello Venturi
1951

Enigmi e Forme di Roca-Rey

Fig. L'Alba 1952         Fig 1, L’alba, 1952

La prima segnalazione critica importante per Roca-Rey è del 1951: un grande storico dell’arte come Lionello Venturi lodava nel giovanissimo scultore peruviano “l’ardimento di partire dalla punta estrema che il gusto ha raggiunto nella sculture” (vedi figg. 1 e 2, NdR). Le punte estreme erano allora Arp e Moore. Da quel tempo ormai lontano la scultura di Roca-Rey si è sviluppata in modo coerente attraverso un doppio processo, di aggiornamento e di approfondimento. L’aggiornamento culturale è documentato, lucido, senza falsi pudori.

Fig. 2 - Le Americhe Fig. 2, Americhe – Omaggio alla architettura e alla scultura, 1953

Quanto all’approfondimento tutti i critici che si sono occupati di questa scultura sono stati affascinati dalla sua esplicita tematica: mondo magico-mitico, totemismo (vedi fig. 3, NdR), ritualismo ttribale, evocazione dei simboli dell’antica civiltà andina come ritorno al grembo materno. 

Fig. 3 - Amototum   Fig. 3, Amototum, 1977

Di qui, necessariamente la coincidenza dl motivo erotico e del cosmico, del sesso e del seno, del simbolo biomorfico e dell’astrale. Ma il fatto più significativo è che il ritorno a questo mondo arcaico, anzi ancestrale, è tanto più rapido e certo quanto più si allarga il circolo dei rapporti con la più progredita cultura del nostro tempo. E’ dunque questa cultura che riconduce ad una condizione di origine. Infatti, è certo che nella scultura di Roca-Rey c’è un fondo arcaico e pagano, “etnologico”; ma c’è anche una componente cattolica, popolare, “folkloristica”.

Fig 4 - Amado nervo      Fig. 4, Amado nervo, 1970

Tant’è vero che il seme o il sesso si ritrovano non di rado racchiusi in una teca, che sa di reliquiario, di ostensorio, di altarino. Un’epoca dentro l’altra, un mito dentro l’altro come nelle scatole cinesi (vedi fig. 4, NdR).

Lo stesso oggetto è in realtà, due, tre oggetti; e tutti si presentano come una forma chiusa, ermetica, definitiva, che invece si apre, si trasmuta, svela un contenuto che è ancora una forma, benchè di significato opposto alla forma che contiene

Fig. 5 - Storia d'Amore. Fig. 5, Storia d’amore, 1981

E’ questo anche il senso, che a me pare piuttosto civilmente, amaramente ironico che non religioso o mitologico, delle forme scolpite di Roca-Rey: forme che non evocano affatto una civiltà morta, ma contestano e ironizzano la civiltà odierna, come quegli idoli atzechi o maya che ci sorridono ambigui dalle vertine dei musei. Ciò che dà alle forme plastiche di Roca-Rey una chiarezza 

Fig. 6, Sessamo, 1970

tanto più sicura quanto più incerto ed enigmatico ne è il significato, è, appunto l’immaginario cristallo che l’artista pone tra noi e loro: un velo di spazio che è invece una lunga distanza di tempo. Quelle forme precise, che si incastrano e si chiudono l’una sull’altra, possiamo anche toccarle, prenderle in mano, aprirle e richiuderle (vedi fig. 6, NdR): rimarranno tuttavia, estranee ed ironiche, dall’altra parte del Cristallo. Non riusciremo a possedere il loro segreto a comunicare, a sapere, con certezza se sia la forma moderna che racchiude l’antica o l’inverso; e neppure se il “museo” sia da questa parte del cristallo o dall’altra.

G. C. Argan,
da Enigmi e forme di Roca Rey, ed.Carte Segrete, Roma 1972

Enigmi e Forme di Roca-Rey


Fig. 1 - Circolo degli Ex Cacchi  Fig 1, Circolo degli ex cacchi, 1970 

Il carattere più immediatamente evidente della scultura di Joaquin Roca-Rey è senza dubbio la sua qualità d’immagine simbolica carica di un forte significato magico (vedi fig. 1, NdR). Credo che Roca-Rey voglia esplorare il campo del simbolismo magico della sua tradizione ancestrale peruviana, ma non lo fa seguendo un interesse archeologico e neoarcaico, o, quel che sarebbe peggio, folcloristico, il suo è un interesse fondamentalmente creativo.

Nella sua scultura non c’è dunque dell’”esotismo”, secondo il nostro punto di vista europeo: la scultura di Roca-Rey porta infatti in una tradizione di problematica plastica – soprattutto europea moderna – una eredità completamente diversa, come l’hanno fatto, per citare dei grandi della nostra epoca, Brancusi o Pevsner che introducono nel vivo della problematica della avanguardia plastica dell’Europa occidentale la potenza del simbolismo astratto della tradizione orientale, ad esempio bizantina (evidente soprattutto nel secondo artista).

Roca-Rey opera nella stessa direzione per quel che riguarda l’eredità del suo paese natale: intendo l’eredità più autentica del suo paese, quella pre-colombiana, cioè l’eredità pre-, o meglio, a-europea. Roca-Rey è dunque uno scultore assolutamente attuale che lavora in Europa (a Roma dove è stato molto apprezzato soprattutto in occasione delle “Alternative Attuali” all’Aquila), secondo una tipizzazione problematica della nostra scultura.

Il suo simbolismo è palesemente impregnato di una tematica sessuale, però ad un livello di erotismo primario, di creazione di immagini legata ad una prospettiva quasi cosmica. 


Fig. 2, Trittico, 1970

Questa capacità istintiva di tradurre sollecitazioni del furore erotico che ci assilla quotidianamente in un simbolismo primario e direttamente legato al campo delle ragioni centrali dell’esistenza umana e cosmica costituisce un altro tratto della presenza del totemismo magico ancestrale nella formazione del nostro scultore (vedi fig. 2, NdR).

E’ soprattutto un senso magico quello che ricerca Roca-Rey, con il suo portentoso lavoro di forgiatore, con quella sua maniera eccezionale di lavorare il metallo, di renderlo estremamente acuto dal punto di vista dell’evidenza simbolica: lo stesso si può dire per le sue opere di marmo, infatti ciò che conta è la qualità dell’immagine e non soltanto il modo di entrare in rapporto con la materia metallica.

Enrico Crispolti
da Enigmi e forme di Roca Rey, ed.Carte Segrete, Roma 1972

Roca-Rey o della Condizione Attuale dell’Eros

Il discorso sulle ascendenze arcaiche di Roca-Rey, sulle suggestioni che su di lui ha esercitato l’arte precolombiana, sulle sue inclinazioni verso le forme totemiche è già stato fatto ed è senz’altro criticamente calzante.  Fig 1, Castore e Polluce,1968 In fondo è un discorso che rientra in quello più generale della scoperta del primitivo da parte delle avanguardie: per più di un aspetto il “caso” di Roca-Rey, a distanza di oltre sessant’anni, puo’ apparire un po’ come la traduzione su paralleli latino-americani del “caso” Brancusi. Brancusi, infatti, a contatto delle avanguardie nella Parigi dell’inizio del secolo, ha scoperto in chiave moderna i miti e la cultura della sua Oltenia contadina, risalendo sino alle invenzioni plastiche della Tracia; Roca-Rey, a contatto con gli sviluppi delle stesse avanguardie e specialmente a contatto col surrealismo nelle sue più acute declinazioni sudamericane, ha scoperto la straordinaria eredità plastica della sua terra peruviana.

Persino il modo di concentrarsi su di una simbologia primari ricorda Brancusi: il seme, l’ovoide, il mallo bivalve, la corolla-matrice (vedi fig. 1, NdR). È infatti una simbolica legata ai riti delle genesi naturali, ad una cosmogonia strettamente avvinta al rapporto mistico coi fenomeni terrestri e rurali (vedi fig. 2, NdR).

Fig. 2, Incandescente, 1970

Ma quale differenza ormai, all’interno di una medesima ricerca simbolica, tra lo spiritualismo brancusiano, limpido e ascetico , e la fertile, tenebrosa e tropicale fantasia di Roca-Rey. Ma è proprio da qui, da questa impressionante diversità nell’ambito di una poetica che ha pure radici comuni, che si deve, appunto, iniziare il discorso specifico sulla scultura e sull’opera grafica di Roca-Rey: Breton ha redatto l’antologia dello “humor noir”, ha formulato per primo la definizione di “beauté amère” e quella di “beauté convulsive”. Non c’è nell’opera di Roca-Rey qualcosa che fa pensare direttamente a tali definizioni? Ricordando il surrealismo a proposito di Roca-Rey pensavo proprio a questo, pensavo cioè attraverso quale eccezionale lente contemporanea Roca-Rey è andato leggendo ed interpretando i “testi”, le tradizioni, la cultura remota del suo Continente. Senza dubbio il surrealismo gli ha permesso di ritrovare e rivivere i miti arcaici della sua terra nell’unico modo possibile: incerandoli nell’inquieta sensibilità d’oggi, mettendone in evidenza i valori primordiali al di là d’ogni complicazione canonica, cogliendone il nucleo vivente e palpitante: così sono nate le sue immagini: primitive e raffinate; misteriose, esoteriche, cosmiche e al tempo stesso immediate, attuali, fascinose; spontanee e insieme sofisticate.

Il filtro surrealista ha favorito questa operazione magica aiutando Roca-Rey a individuare dentro di sé la prorompente presenza dell’eros: l’eros come lievito della natura, come energia dell’inconscio, come principio di vita-morte. Ma non si pensi in alcun modo alla benché minima ortodossia surrealista da parte di Roca-Rey. Niente di tutto ciò. Il clima surrealista è stato soltanto la fortunata circostanza per un avvio. Quante altre dimensioni e significati sottintendono oggi le sue immagini.

L’eros di Roca-Rey ha una fisionomia inconfondibile: non è l’eros vittoriosamente mediterraneo di Picasso, non è l’eros intellettuale di Magritte o l’eros obitoriale di Delvaux. Non è neppure l’eros consumistico dei pop americani e nemmeno l’eros frigidamente elegante di un Wunderlich. Certo non si tratta di un eros felice. Per Roca-Rey l’eros è senz’altro il cuore del mondo, il suo battito, il suo respiro, ma quante contaminazioni convivono in tale cuore: ferocia, prevaricazione, offesa, maledizione. L’eros è una potenza senza confini coinvolta nell’impurità della nostra condizione esistenziale e storica, una potenza prigioniera da liberare e far agire nell’aridità di quest’epoca ferrea.

Quando si guardano i suoi disegni ci si rende subito conto del senso tragico, duro, assurdo grottesco che hanno e nel contempo della forza che da essi si sprigiona, quasi di un’ oscura eticità dentro una scena di eccitati sgomenti, quasi di una ragione bendata in una foresta di simboli irragionevoli. 

Fig. 3, Alma Mater Corpus Domini, 1975

E’ la stessa prodigiosa e prodiga fantasia di Roca-Rey che racchiude ed esprime una simile forza: una fantasia che solleva i fogli all’apice di una lucida vertigine, una fantasia viva, smisurata e tagliente, capace di dominare formalmente la più contraddittoria delle materie dove confluiscono l’impulso irrazionale, l’allucinazione, il sogno, la congerie oggettiva, in uno con la coscienza delle contraddizioni di cui s’alimenta l’immagine stessa. Di questa cosciente visionarietà sono fatte appunto, le Babeli moderne e arcaiche di Roca-Rey murate e irte di fallaci obelischi, di cuspidi ambigue, e invase da animali metallici (vedi fig. 3, NdR), in una luce ferma e livida, spettrale e arcana. Ma di qui si può pure capire il significato delle sue sculture, specie di quelle ch’egli chiama “Tabernacoli” (vedi fig. 4 e fig. 5, NdR).

 Fig. 4, Tabernaculo (+), 1971

Pare proprio che sia il culto dell’eros che Roca-Rey proponga. In questi tabernacoli sembra fondersi l’originaria civiltà peruviana con la sopraggiunta e costrittiva civilizzazione cattolico-europea. Nello schema del tabernacolo infatti Roca-Rey cela le forme mitico-erotiche del seme, della vulva, della matrice: i simboli della germinazione, della nascita e della crescita: i simboli elementari di una primitiva dialettica della natura presieduta da un dio ignoto, dall’urgente principio dell’eros.

   Fig. 5, Tabernaculo (-), 1970

Ma è chiaro che il “culto dell’eros” che Roca-Rey propone non è che una metafora: In fondo, per lui, l’eros rimane soprattutto un principio di libertà, un principio che ci viene dalle radici del mondo e che schemi, sistemi, coercizioni e violenze hanno mortificato e imprigionato.

Ora si tratta di spezzare i tabernacoli. Solo allora il principio dell’eros coinciderà con il principio della libertà. È giusta questa lettura di Roca-Rey? Come sempre l’immagine plastica è polivalente e ognuno potrà rinvenire nelle opere di Roca-Rey, accanto a questi, altri sensi, altri significati. Una cosa però è sicura: queste opere, frutto di una consumata perizia, di una mirabile esemplarità esecutiva, non hanno nulla di evasivo. Sono, al contrario, allarmanti segnali del nostro dramma e delle nostre compromesse speranze, della nostra amara nostalgia e del nostro costante desiderio.

Mario De Micheli
catalogo della “Mostra personale di Roca-Rey” Ed. carte Segrete, Roma 1973

 

Joaquin Roca-Rey a Brufa

  Fig. 1, Scudo di Dio, 1967[…] 

l’opera scultorea di Roca-Rey è di un nitore esemplare, quasi algida nella sua geometrica precisione. 

 Fig. 2, Caballero armado (chiuso), 1975

Spesso prende la struttura di un totem, altre volte quella di un’architettura o di un mobile di complicata ideazione. Tuttavia, si può star certi che da qualsiasi lato si guardi la scultura, la pulizia formale equilibra i messaggi concettuali, spesso fino a celarli. L’opera più antica presente in mostra è 

Fig. 3, Caballero armado (aperto), 1975Scudo di Dios, del ‘68, lamina aperta come un pettorale, frastagliata e battuta come si conviene ad un artefici che si apparenta ad Efesto, di forza primitiva, ma anche di sapiente civiltà. Del ‘75 è Caballero armado, bronzo che si apre dando luogo ad una metamorfosi onirica (vedi figg. 2 e 3, NdR). Al ‘76 si data Ex libris, marmo in tre blocchi che si incastrano e si separano

  Fig. 4, Ex libris, 1976

a piacere, nel quale la cavità e gli oggetti sono pensati con ingegnosità ed eleganza innate (vedi fig. 4, NdR)Eco di un seno è un marmo nero del 1981, nel quale la cavità riflette in negativo la dolce convessità che s’erge sull’altro lato; come se fosse il modello di una piazza che maternamente accoglie l’umanità (vedi fig. 5, NdR). Col bronzo Ave Caesar, del 1982, torniamo alle metamorfosi bizzarre, 

  Fig. 5, Eco di un seno, 1981

un po’ boschiane nell’ispirazione, con l’uovo che, aprendosi, mostra un teschio d’uccello (vedi fig. 6, NdR).

  Fig. 6, Ave Caesar, 1982

Fantasmagoria vitalistica e funerea che lo accompagna fino agli anni ‘90. Questa mescolanza di pulsione di morte e di intemperanza sessuale è una costante del mondo latino, dai precolombiani a Posada, ma è anche una linea europea da Bosch a Rops, e Roca-Rey si trova a meraviglia nel navigarci al centro[…] Gli anni ’90, ci fanno assistere ad un processo di verticalizzazione e di riduzione alla massima semplicità dell’immagine. Il bronzo Preghiera per J.S. Bach (vedi fig. 7, NdR), alto ben m 2,20 e l’altro bronzo di m. 1,35, intitolato Sursum corda

 Fig. 7, Preghiera per J.S. Bach, 1991

datato al ‘95 sono ridotti all’essenziale senza nulla perdere della carica simbologia ancestrale (vedi fig. 8, NdR). E’ come se i culti antichi si fossero rigenerati e caricati d’ironia moderna per poter mantenere la presa su di un pubblico smaliziato e blasé.

Fig. 8, Sursum corda, 1992 

Roca-Rey ha saputo essere ironico, talvolta malizioso, ma la scultura come opera mentale lo ha assorbito al punto da costringerlo ad un lavoro di continua decantazione e depurazione dell’immagine, tanto che le sue fantasie ed ossessioni sono imbrigliate e ricondotte a ragione, e chi volesse considerarle nella loro foga e fluvialità dovrebbe riferirsi ai disegni che accompagnano la mostra . Il lavoro più privato e segreto del disegnatore attesta uno stato magmatico e romantico che lo scultore non può permettersi di esibire a vivo. I disegni sono un diario, mentre le sculture vogliono essere un trattato sulla perfezione.

Enzo Bilardello
Stralci dal testo di presentazione in catalogo della mostra ‘Sursum Corda’, Ed. Litostampa Perugia 1999, Brufa


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